Per un pugno di riso

Era il 1949 quando la Mangano raggiungeva la celebrità con il ruolo della mondina Silvana in Riso Amaro, l’Italia era appena uscita dalla guerra e le ragazze piemontesi lavoravano nelle risaie del vercellese. L’Italia era uno dei maggiori produttori di riso e il problema della concorrenza dei paesi asiatici non esisteva. 
Forse in questi giorni vi è capitato di leggere in qualche pagina interna dei quotidiani della protesta dei coltivatori di riso in Piemonte, protesta che oggi si sposta a Roma al Ministero dell’Agricoltura. La situazione è questa: dal 2007 quasi un’azienda italiana di riso su 5 ha chiuso a causa dell’importazione di riso a basso costo straniero. Per dare un numero, nel primo trimestre del 2014 le importazioni di riso dalla Cambogia sono aumentate del 360%. E pensare che l’Italia resta il primo produttore europeo di riso, con una superficie coltivata di oltre duecentomila ettari e circa diecimila famiglie che lavorano nel settore. 
Oggi a Roma i coltivatori di riso e il presidente di Coldiretti nell’incontro con il Ministro Martina chiedono alcune semplici (e sacrosante) cose: l’indicazione in etichetta della provenienza del riso, la pubblicazione di un elenco di produttori che usano riso straniero, l’applicazione della clausola di salvaguardia contro le importazioni incontrollate, l’istituzione di una borsa merci unica per il riso e la rivisitazione dell’Ente Nazionale Risi.
Ora io non ho nulla contro la Cambogia, però il problema del riso è un problema prima di tutto di cultura del consumatore. A parte il fatto che credo che sia giusto che le merci importate nel nostro mercato debbano avere le stesse certificazioni e gli stessi controlli a cui sono sottoposti i nostri produttori. Cosa che purtroppo non sempre avviene, visto che i controlli sono spesso raggirati con delle triangolazioni e con certificazioni fittizie. Il problema delle frodi alimentari è un problema serio che ci riguarda tutti e molto da vicino: spesso nelle confezioni non è indicata la provenienza del prodotto (nel caso del riso come in quello della farina per esempio) quindi compriamo un pacco di riso di una azienda italiana ma con del riso che spesso viene dal sud est asiatico, dove è stato coltivato con l’utilizzo di sostanze che qua non sono permesse ma anche con il lavoro di bambini e di contadini che si sognano le condizioni di lavoro che sono qui in Italia. L’indicazione della provenienza in etichetta è importante perchè la prima scelta in difesa della qualità di un prodotto la possa fare il consumatore. Il riso italiano costa di più? Bene! Non è per fare il nazionalista o lo snob del km 0, ma bene che il riso italiano costi più, sono contento di pagare per un prodotto che sia di qualità e i cui profitti vanno a ricadere sul mio paese. 
E soprattutto insegniamo alle persone a comprare! Insegniamo le differenze tra un riso Carnaroli, un Baldo o un Vialone Nano, a cosa serve uno e a cosa serve l’altro. La cultura del cibo, la consapevolezza dell’acquisto è la prima mossa in difesa dei prodotti di qualità e del Made in Italy, ricordiamocelo tutti e soprattutto noi che parliamo di cibo e alimentazione. 
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